Massimo Masetti
Assessore Politiche Sociali
Comune di Casalecchio di Reno
Presentazione
Ho cominciato ad andare in sezione a tre-quattro anni, con mio zio Giuseppe, il fratello di mia madre. Mi portava alla sezione del PCI di via dei Martiri e all’ARCI Curiel di Casalecchio. Mio zio era un iscritto della sezione della Croce di Casalecchio (fu anche segretario se non ricordo male) ed era sindacalista della CGIL alla Magneti Marelli. I miei lavoravano, i nonni anche, e lui, che era più presente, era un po’ il mio tutore. Mi portava con lui a tutte le riunioni di partito, che allora erano veramente il luogo di discussione delle scelte locali. Me ne ricordo in particolare una, al cinema Fiammetta… che era dove adesso c’è la pasticceria Dolce Lucia… La discussione era su qualcosa del tipo se la tal strada doveva passare in quel punto o cinque metri più in là… eppure ci saranno state quattrocento persone, il cinema straripava, la gente in piedi non sapeva dove stare, e ognuno prendeva la parola per dire fino in fondo quello che doveva dire, consapevole che fuori di lì non avrebbe più avuto importanza, perché la decisione presa sarebbe stata quella di tutti. Mio zio mi portava con sé e mi spiegava ogni cosa. Non dico che mi trattasse come un adulto, ma mi prendeva molto seriamente. Si preoccupava che io capissi quello che succedeva e cosa dicevano le persone... e io ho cominciato a capire così che cosa era e che cosa poteva fare la politica.
Massimo Masetti nasce a Bologna l’8 aprile 1974.
La sua è una famiglia di origini contadine proveniente, da parte paterna da Sasso Marconi e, da parte materna da una piccola frazione di Gaggio Montano. I genitori sono la prima generazione che lascia la campagna e si stabilisce a Casalecchio. Il padre per diventare macellaio, prima come garzone, poi nella macelleria che gestirà per trentacinque anni in Via Monterumici, a Bologna; la madre per impiegarsi dapprima come operaia e poi come cassiera nel negozio del marito.
I genitori sono le figure della famiglia tradizionale italiana. La mamma è persona affettuosa e premurosa, “una chioccia”; il padre rappresenta la voce autorevole di chi sa farsi rispettare, “senza mai toccarmi neppure con un dito, ma con la capacità di dirmi le cose in modo da farmi sempre capire quando era il momento di farle”. Un uomo equilibrato e riflessivo, che non ha mai cercato lo scontro, ligio al dovere e rigoroso. “È stato il punto di riferimento che mi ha trasmesso molti dei valori in cui oggi ancora credo”.
Insieme a una sorella di sei anni più grande di lui, Massimo cresce tra la dimensione domestica e quella del cortile. “Ho avuto la fortuna di vivere in uno di quei condomini progettati negli anni Settanta con una visione sociale basata sul fulcro della relazione tra le persone. Era un appartamento di Via Piave, a Casalecchio. Quattro palazzi al centro dei quali c’era un giardino. È lì che ho conosciuto quegli amici dei quali posso dire, ancora oggi, che se domani avessi bisogno di un braccio se lo staccherebbero per darmelo”. È la dimensione libera e liberatoria della vita tra pari che però, per Massimo, è anche qualcosa di più rispetto ai coetanei. “Grazie a mia sorella potevo frequentare il gruppo dei più grandi. Io e mia sorella ci siamo voluti molto bene e ci siamo sempre molto supportati. Quando ero piccolo mi prendeva con lei e mi faceva da alibi, permettendomi di stare fuori casa, addirittura di uscire dal cortile, quando ancora quelli della mia età, arrivata sera, dovevano rientrare. E forse è per questo che, da sempre, tendo a legarmi con persone più grandi, piuttosto che più piccole di me”.
L’esperienza politica di Massimo è precocissima. “Ho cominciato ad andare in sezione a tre-quattro anni, con mio zio Giuseppe, il fratello di mia madre. Mi portava alla sezione del PCI di via dei Martiri e all’ARCI Curiel di Casalecchio. Mio zio era un iscritto della sezione della Croce di Casalecchio (fu anche segretario se non ricordo male) ed era sindacalista della CGIL alla Magneti Marelli. I miei lavoravano, i nonni anche, e lui, che era più presente, era un po’ il mio tutore. Mi portava con lui a tutte le riunioni di partito, che allora erano veramente il luogo di discussione delle scelte locali. Me ne ricordo in particolare una, al cinema Fiammetta… che era dove adesso c’è la pasticceria Dolce Lucia… La discussione era su qualcosa del tipo se la tal strada doveva passare in quel punto o cinque metri più in là… eppure ci saranno state quattrocento persone, il cinema straripava, la gente in piedi non sapeva dove stare, e ognuno prendeva la parola per dire fino in fondo quello che doveva dire, consapevole che fuori di lì non avrebbe più avuto importanza, perché la decisione presa sarebbe stata quella di tutti. Mio zio mi portava con sé e mi spiegava ogni cosa. Non dico che mi trattasse come un adulto, ma mi prendeva molto seriamente. Si preoccupava che io capissi quello che succedeva e cosa dicevano le persone... e io ho cominciato a capire così che cosa era e che cosa poteva fare la politica”.
Dopo le Elementari e le Medie frequentate con gli amici del cortile a pochi passi da casa, l’iscrizione all’Istituto Salvemini (1988) è l’occasione per prendere parte diretta alla vita politica. Massimo si iscrive alla FGCI e poi, conclusasi quell’esperienza con la trasformazione del PCI in PDS (1990), ad ALOUCS, il sindacato degli studenti medi superiori.
Quando avviene la strage del Salvemini, Massimo è rappresentante degli studenti per l’area di sinistra, insieme a Simone Gamberini e a Simona Lembi. La vicenda segna l’inizio di un percorso di forte impegno politico. “Venimmo coinvolti in una serie di eventi che, per forza di cose, ci fecero maturare in pochi istanti. Di punto in bianco ci trovammo a doverci rapportare con giornalisti e generali dell’aeronautica, diventando portavoce del diritto di difesa della nostra Scuola a fronte di uno Stato la cui avvocatura scelse di schierarsi con l’Esercito e di abbandonare a se stesse famiglie e territorio. Scuola e Comune si costituirono parte civile, sotto la guida di Gianni Devani, che allora era Vicepreside e che diventò l’anima di quello che è ora il Centro per le Vittime. Noi partecipammo attivamente a tutto il processo, molto coinvolti sia sul territorio che fuori. Mi ricordo la partecipazione a molte trasmissioni televisive: Samarcanda, Maurizio Costanzo Show, La vita in diretta… Quella vicenda rafforzò la mia motivazione politica. Fu qualcosa di talmente irreale da rischiare di innescare la pericolosa involuzione dell’antipolitica. Combattere contro uno Stato che non ti difende, piuttosto che percorrere la via del dialogo e della giustizia. Era una strada possibile… Dall’altra parte c’era quella della coerenza etica e dell’impegno civile che mi ha insegnato che, anche se non siamo riusciti a cambiare le cose, perché la sentenza definitiva ha assolto completamente l’aeronautica militare, quando le persone sanno diventare un pezzo sano della società, allora hanno la capacità e la forza di spronare tutti a prendere consapevolezza e ad affrontare i problemi. In questa maturazione mio zio Giuseppe, benché scomparso da molti anni, fu ancora una guida. Come mi aveva insegnato: ‘Si picchettano i cancelli della fabbrica, si prendono le botte e le si danno, però lì si comincia e lì si finisce’… che è quel famoso partito di lotta e di governo capace di unire alla presenza nelle istituzioni la forza d’urto sociale”.
Concluse le Superiori Massimo si iscrive alla facoltà di Scienze della Comunicazione a Bologna. “Grazie alla guida di un professore molto libero e illuminato mi ero orientato, già alle Superiori, all’attività di programmatore. Mi piaceva progettare e produrre video e pensai che la scelta universitaria più rispondente fosse quella, anche se, arrivato a sei esami dalla fine, ho interrotto gli studi, complici le vicende sentimentali, il Servizio Civile e l’offerta di un lavoro full-time”.
Il Servizio Civile conferma la scelta di volontario nella Pubblica Assistenza di Sasso Marconi fatta nel 1992, ad appena diciotto anni. Con la Pubblica Assistenza Massimo opera sia nel settore protezione civile (in particolare in Val Topina e a Sarno e Quindici) che in quello della gestione emergenze-urgenze e ricopre per due mandati (1998–2000 e 2000–2003) la carica di Vicepresidente. “La Pubblica Assistenza è un’associazione disomogenea per estrazioni culturali e motivazionali nella quale ho imparato a gestire le dinamiche di gruppo, appianando divergenze e conflitti e cercando di valorizzare il fine comune. È in questo contesto che mi sono fatto anche una buona esperienza nel rapporto con l’ASL e con i Comuni”.
Sotto il profilo professionale Massimo comincia a lavorare nel 1997 per SMA, un’agenzia pubblicitaria che si occupa di cartellonistica e web. Fa “un po’ di tutto”, dalla vendita degli spazi pubblicitari sul web, all’adattamento dei contenuti per la fruizione di diversi partner, a una parte di lavoro grafico.
Nel 1998 passa al gruppo editoriale Espresso dove svolge le stesse funzioni per il portale internet Kataweb e la concessionaria pubblicitaria del gruppo A. Manzoni & C.
“Nel 2001, quando comincia a sgonfiarsi la bolla di internet, e tutto diventa molto meno tecnico e molto più commerciale, capisco che questo ambiente, dove tutti hanno i coltelli pronti da infilarti nelle scapole, non fa più per me. Comincio a fare, con più determinazione, quello che già facevo tra le righe, cioè la progettazione, la produzione e la realizzazione di filmati. Avevo cominciato con l’idea che tutti quelli del mestiere coltivano, cioè di fare video liberi, cortometraggi narrativi o documentari. Poi mi misurai con la realtà, scelsi di ritagliarmi una fetta di mercato e mi dedicai alla produzione di video nel settore delle macchine automatiche, video promozionali e video formativi. Oggi, che quello delle macchine automatiche è un settore fortemente in crisi e il lavoro è molto diminuito, mi occupo più spesso di produzione video per la formazione in collaborazione con enti e associazioni del territorio. Di tanto in tanto mi capita anche di fare cose più creative: qualche documentario, commediole, videoclip musicali, presentazioni di mostre d’arte”.
“Tra tutti il periodo dell’Università è quello in cui sono stato meno politicamente coinvolto. Per dirla metaforicamente, ma non solo… ho smesso di tirare i tortellini per la festa dell’Unità e ho cominciato a tirare i tortellini per la festa della Pubblica Assistenza. Non avevo nessuna tessera politica perché non mi riconoscevo in nessun soggetto politico, anche se simpatizzavo per ATISREVINU, il gruppo della sinistra studentesca. In quel periodo fui fermato molte volte ai controlli della Digos. Erano gli anni della seconda guerra del Golfo e ci furono alcune occupazioni, ma la politica per me faceva da sfondo, non era la sostanza”.
L’impegno politico ricomincia nel 2001 quando Massimo prende la tessera del Partito dei Comunisti Italiani. “È un’esperienza nella quale rivedo qualcosa di quello che mio zio Giuseppe mi aveva trasmesso. La forte idealità, una visione del mondo più sociale e più equa, ma anche la capacità di confrontarsi con le istituzioni, dal di dentro e senza tirarsi indietro, anche se il percorso è più lungo e faticoso”.
Nel 2004 il partito propone a Massimo di candidarsi a Sasso Marconi, all’interno della lista civica che sostiene la Sindaca Marilena Fabbri al secondo mandato. Primo dei non eletti, viene chiamato come assessore esterno con delega a Sanità, Servizi Sociali, Informatica, Protezione Civile e, per parte del mandato, Pari Opportunità. Ricandidato alle elezioni del 2009, su richiesta della Federazione della Sinistra, viene eletto e confermato assessore con le medesime deleghe, oltre a quella delle Ricorrenze Istituzionali e della Partecipazione.
Nel 2014 si candida a Casalecchio di Reno nella lista “Sinistra e Ambiente Casalecchio”, a sostegno di Massimo Bosso Sindaco, ed è nominato Assessore con deleghe alle Politiche del Welfare, alle Politiche di Pari Opportunità e dell’Inclusione Sociale e alle Politiche del Lavoro e dell’Occupazione.
Nel 2019 si ripresenta a Casalecchio di Reno nella lista “E’wiva Casalecchio” a sostegno del secondo mandato del Sindaco uscente Massimo Bosso e viene nominato Vicesindaco con deleghe alle politiche dell’Inclusione Sociale, alle Politiche del Lavoro e dell’Occupazione e all’Information Technology.
Amante dei viaggi, Massimo ha scorrazzato per buona parte d’Europa e ha esplorato molti paesi dell’America Latina. Dai primi soggiorni, organizzati dalla famiglia per mantenere i contatti con una parte di parenti emigrati in Francia o sulle tracce di uno prozio prigioniero a Mauthausen durante gli anni della guerra, ai viaggi organizzati dalla scuola nell’ambito dei programmi di scambio e di gemellaggio, passando per l’inter-rail del dopo maturità con i compagni del cortile, fino alla ricerca del tempo perduto sudamericano, sulle tracce di Bob Marley e di Che Guevara, ma anche alla scoperta di Machu Picchu e delle linee di Nazca. Giamaica, Guatemala, Messico e Perù. Zaino in spalle, sui pullman di linea, insieme a capre e galline, sono viaggi dell’avventura che lo mettono in contatto con grandi esperienze di vita, in situazioni limite, a contatto con gente “che si fa un culo tre volte il nostro”.
Una particolare passione è quella per la Spagna e le sue feste popolari, dal carnevale dei pomodori a Buñol, alla festa dei fuochi di Valencia, alla Semana Grande di San Sebastian, alla corsa dei tori di San Firmin a Pamplona. “È il tripudio della gioia e della capacità di divertirsi nella quale gli spagnoli sono maestri”.
Come ogni vero viaggiatore Massimo parla inglese, ha una padronanza scolastica del francese e turistica dello spagnolo, “tutto appreso sul campo, a partire dalle parolacce fino alle facezie… come il nome di Cappuccetto Rosso, Capeluzito Roço o dei Puffi, Los Pitufos”.
Cultore di fantascienza, collezionista di gadget di Guerre Stellari, dal pupazzo di Yoda a dimensioni naturali, autografato da George Lucas, all’elsa della spada di Luke Skywalker, alla maschera originale di Darth Vader, Massimo è un appassionato di cinema al quale dedica una trasmissione radiofonica, Jungle Boogie – Il Cinema alla radio, che lo impegna settimanalmente dal 1999 al 2007. “Eravamo in quattro. Ci eravamo dati i nomi delle Iene di Quentin Tarantino. Io ero Mister Orange, il poliziotto infiltrato, gli altri Mister Brown, Mister Blonde e Mister White. Durante la settimana ci guardavamo i film e decidevamo cosa raccontare, selezionavamo gli spezzoni da mandare in onda e i commenti. Un’esperienza molto divertente”.
Oggi Massimo vive a Casalecchio con la sua compagna (Marzia) e una figlia (Margherita, 2009).
Autovalutazione
Non ho mai pensato in termini di leadership. Sono convinto che il carisma sia importante, però per portare avanti le scelte della collettività e non se stessi. Io sono uno di quelli che vorrebbe di nuovo la politica della gente e non la politica dei leader. La personalizzazione della politica per me è sbagliata, chiunque la faccia.
Quanto senti politicamente di riuscire a mantenere e consolidare relazioni?
“È una delle cose che mi riesce, soprattutto perché tendo a essere coerente, e questo solidifica le relazioni. Quando sei coerente le persone si fidano di te e di quello che dici”.
Quanto senti politicamente di riuscire a gestire conflitti?
“Sono una persona molto morigerata, calma e riflessiva, per cui tendo a smorzare i conflitti prima che si generino. Se però il conflitto si innesca, entro certi limiti, mi considero abbastanza capace di gestirlo. Non però nel caso che si tratti di conflitti di valori o di ideali, perché sono cose su cui non transigo”.
Quanto senti politicamente di riuscire a comunicare?
“Forse troppo poco in rapporto a quello che accade fuori da questo edificio comunale. Non so quanto sia il deficit di comunicazione e quanto sia il deficit di ascolto, ma penso che sicuramente l’impegno maggiore debba essere quello di chi vuole comunicare. Se quello che fai non è sufficiente, impegnati tu prima di tutto, poi poniti il problema di chi vorresti che ti ascoltasse”.
Quanto senti politicamente di riuscire a risolvere problemi?
“Su alcune cose penso di non essere male come risolutore di problemi, anche perché un po’ di esperienza in fatto di gestione dei gruppi, me la sono fatta, anche lavorativamente”.
Quanto peso politico senti di avere?
“Non facendo parte al momento di nessun partito, sconto questo limite. Ci sono contesti, momenti e decisioni in cui l’appartenenza ad un soggetto politico organizzato conta. Il sostegno dei cittadini e del gruppo di E’wiva Casalecchio sono però un grande stimolo a impegnarsi per contare sempre di più e per acquisire maggior peso politico in particolare su quelle decisioni strategiche per il futuro della nostra comunità”.
Quanta leadership senti di avere?
“Non ho mai pensato in termini di leadership. Sono convinto che il carisma sia importante, però per portare avanti le scelte della collettività e non se stessi. Io sono uno di quelli che vorrebbe di nuovo la politica della gente e non la politica dei leader. La personalizzazione della politica per me è sbagliata, chiunque la faccia".Riflessione
Sovracomunalità è superare la questione dei campanilismi che credo che siano, oggi più che mai, inutili. Ognuno può mantenere le sue specificità, ma sui temi strategici dobbiamo agire in modo comune. Mi riferisco alla progettazione territoriale, ai Servizi Scolastici e Sociali. Non ha senso che ci sia contrapposizione tra territori limitrofi. Non ha più alcun significato.
Qual è la tua idea di sovracomunalità?
“Sovracomunalità è superare la questione dei campanilismi che credo che siano, oggi più che mai, inutili. Ognuno può mantenere le sue specificità, ma sui temi strategici dobbiamo agire in modo comune. Mi riferisco alla progettazione territoriale, ai Servizi Scolastici e Sociali. Non ha senso che ci sia contrapposizione tra territori limitrofi. Non ha più alcun significato”.
Qual è la tua idea di sussidiarietà?
“Quello della sussidiarietà è un concetto molto ampio che va dalla dimensione economica a quella morale. Io l’ho sempre vista come un aiuto reciproco a crescere. Singolarmente non siamo in grado di sostenere un servizio, insieme possiamo condividere le esperienze, arricchendoci reciprocamente”.
Qual è la tua idea di solidarietà?
“La solidarietà non è carità. Questo è fondamentale. Sono convinto che spesso si vadano confondendo le due cose. Essere solidali significa essere presenti nel momento di necessità e quindi, come per la sussidiarietà, anche far crescere chi è oggetto della nostra solidarietà. Far crescere, nel senso più ampio del termine, nella consapevolezza che si progredisce non solo ricevendo ma anche dando. La solidarietà è l’elemento fondamentale nella creazione di una Comunità, è il collante che tiene insieme le persone e le aiuta a costruire relazioni. In una società come la nostra in cui il culto dell’IO è sempre più presente, promuovere il NOI è fondamentale per mantenere la nostra umanità e la capacità di relazione”.
Qual è la tua idea di omogeneità?
“Omogeneità, rispetto ai Servizi di un territorio, è diffondere lo stesso livello di erogazione, in una tensione che spinga dal basso verso l’alto. Estendere le buone pratiche, sia in quantità che in qualità”.
Qual è la tua idea di condivisione/differenziazione?
“Penso che i due concetti debbano coesistere. Condividere non significa diventare uguale, ma significa mettere in comune l’esperienza, valorizzando le differenze”.
Quanto senti significative e incisive le Politiche di Pari Opportunità all’interno di ASC InSieme?
“Ho sempre pensato che le Pari Opportunità, nel senso più ampio del termine, siano una questione nodale. Se sosteniamo il valore della sussidiarietà, della solidarietà e dell’omogeneità è necessario che a ognuno siano riconosciute pari opportunità nell’esprimere le proprie potenzialità. Diverso è volerle attuare a ogni costo. Mi riferisco a iniziative come le quote rosa, che ritengo una forzatura, rispetto a meccanismi capaci di generarle virtuosamente per meritocrazia. Sono invece per un’idea delle Pari Opportunità che sia in grado di fare maturare la società perché sappia accogliere le differenze. Imporle non ha alcun senso.
Rispetto ad ASC, penso che dovremmo lavorare di più sulla diffusione di una cultura di Pari Opportunità, piuttosto che costruendo Servizi specifici. Lavorare sulla relazione tra le persone e allora non avremmo più bisogno di iniziative distinte”